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Il test di Auto sulla pista di Vallelunga
A Roma è atterrata un’astronave aliena. È questo l’effetto che fa, in questi giorni, l’inquietante presenza della Lamborghini Aventador per le vie della capitale, città che ha patrocinato l’evento di lancio internazionale della supercar bolognese con una serie di attività correlate, come le vetture storiche sparse nei punti chiave della città, una boutique temporanea — casualmente di fronte a quella Ferrari — e un “pezzo” di museo Lamborghini al Chiostro del Bramante.
Ma noi di Auto non abbiamo guidato “l’aliena” per le vie di Roma, che pur se larghe risulterebbero un po’ strette per i suoi 2 secondi e 9 sullo 0-100 e per i suoi 350 orari. Anche se a dire il vero, prestazioni da Guinnes a parte, portare a spasso l’Aventador su e giù per le vie di Roma non sarebbe affatto un problema: rispetto alla cara e vecchia Murcy, la nuova Lambo appare subito più gestibile e affabile. Sali a bordo con più facilità, la pedaliera non è più terribilmente disassata verso destra come prima, l’erogazione del V12 e la logica del cambio nelle modalità più umane (normal o automatica) riescono ad addomesticare la belva rendendola alla portata davvero di chiunque. Ma noi, appunto, questo approccio “soft” l’abbiamo provatp soltanto per pochi attimi lungo la pit lane della pista di Vallelunga, pronti ad assaporare in maniera un po’ meno edulcorata le doti della nuova dodici cilindri di Sant’Agata imboccando il rettifilo principale. La prima impressione è appunto quella che la Aventador sia un po’ più “civile” rispetto alla Murcielago. È più che altro una questione di sound: da fuori è terribilmente corsaiola, pare di sentir passare una GT1.
Ma in abitacolo il suono è un po’ filtrato e ovattato, forse troppo per una supercar estrema da 700 cavalli. Al primo giro di volante si apprezza invece una precisione d’avantreno encomiabile, data da uno sterzo estremamente diretto e dalle sospensioni push rod che per via della loro architettura garantiscono un rendimento ottimizzato per tutta la cinematica delle sospensioni. Gli ingressi in curva sono dunque molto rapidi e chirurgici e la vettura è sensibile quel tanto che basta al tiro-rilascio del gas per fare aggiustamenti di traiettoria semplicemente alleggerendo un poco il pedale, per far chiudere il muso.
Fuori dalle curve il comportamento cambia a seconda del programma di guida scelto, perché da essi dipendono, oltre alla risposta del motore, del cambio e la taratura dell’ESP, anche la gestione della nuova trazione integrale con giunto Haldex in luogo del vecchio Viscodrive: in Normal la vettura è tendenzialmente sottosterzante per non mettere in imbarazzo i meno smaliziati; in Sport c’è invece più sovrasterzo, per divertirsi e sentire le enormi gomme posteriori che ti portano fuori dalla curva; in Corsa, invece, c’è la ricerca della massima performance attraverso un comportamento neutro.
Ed è proprio in Corsa che viene fuori l’aspetto più stupefacente della vettura: la velocità e la brutalità di cambiata, roba da sequenziale da corsa. Sorvoliamo sulle doti d’accelerazione perché, com’è facile intuire, con un V12 da 700 cavalli e quasi novemila giri che si trova a 20 centimetri dalla nuca del guidatore si raggiungono velocità realmente imbarazzanti in tempi maledettamente ristretti: 0-200 km/h in 8”9, 0-300 in 24”5 e un chilometro da fermo in 19 secondi. Quel che stupisce di più è il lavoro svolto in termini di handling, grazie alla rigidità della scocca in carbonio e al nuovo schema sospensivo, che rendono l’Aventador complessivamente più precisa e bilanciata rispetto alla Murcielago. Anche se si tratta pur sempre di una supercar a cui occorre dare del Lei quando si viaggia davvero forte, possibilmente da guidare in maniera “tecnica” e pulita perché con uno stile di guida “sporco” l’ESP diventa un po’ troppo invasivo e, staccandolo, occorre un po’ d’attenzione ai trasferimenti di carico, evitando magari di alleggerire il gas se ci si trova lungo un appoggio bello veloce.
LAMPS